Insaccati e carne processata: aumentano tumori e rischio cardiovascolare
Si intitola European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition lo studio pubblicato sulla rivista Biomedical Genomics che è servito al team dell'Università di Zurigo guidato dalla prof.ssa Sabine Rohrmann per determinare come e di quanto si potrebbe ridurre il rischio cardiovascolare e di incidenza di diverse forme tumorali riducendo il consumo giornaliero di carne cosiddetta "processata" sotto i 20 grammi.
I dati raccolti nello studio europeo, basati su un campione di oltre mezzo milione di persone e spalmato su un periodo di rilevazione di oltre 13 anni, quindi piuttosto attendibile, rivelano che ad un consumo giornaliero pari a 160grammi di carne lavorata (insaccati ed equivalenti) corrisponderebbe un aumento del 44% di probabilità di casi di morte prematura, rispetto a chi limita il consumo di carne lavorata a soli 20grammi.
Alla base di questo legame ci sarebbero grassi, sale e i conservanti (nitrati) che sono da tempo considerati nemici della salute. Tuttavia i dati aprono a considerazioni interessanti: che non è corretto demonizzare i prodotti insaccati e lavorati, poichè questi fanno parte (come tutta la carne) da sempre della dieta umana e costituiscono una "fonte preziosa di alcune vitamine, minerali e proteine nobili utili per la salute".
Appare quindi appropriato il richiamo alla piramide alimentare italiana, che riserva alla carne lavorata un posto nella dieta degli italiani in quantità modeste, pari a circa 50 grammi a settimana, senza tuttavia invocarne la totale cancellazione dalle tavole.