Resveratrolo: l'antiossidante del vino rosso sconfessato da uno studio negli USA
La storia del resveratrolo nasce col "paradosso francese", uno studio condotto diversi anni fa su un campione di popolazione della Francia meridionale per spiegare la minore incidenza di malattie cardiovascolari in quella determinata popolazione.
Un articolo apparso in data 30 ottobre su Il Fatto Alimentare riferisce di uno studio condotto dalla Washington University di St. Louis su un campione di 29 donne in menopausa, sane, cui sono stati somministrati per 3 mesi 75 mg di resveratrolo (equivalenti a 8 l. di vino rosso) mentre un secondo campione ha assunto un placebo. Il raffronto sarebbe stato eseguito misurando la sensibilità all'insulina, ma i risultati sarebbero stati del tutto deludenti: nessun risultato evidente e distintivio tra i due campioni di donne.
La formula impiegata dagli scienziati americani è più precisamente: «Resveratrol Supplementation Does Not Improve Metabolic Function in Nonobese Women with Normal Glucose Tolerance». Il Fatto Alimentare riporta che «il resveratrolo è diventato popolare a causa di effetti visti su animali o in vitro, ma in realtà non c'è alcuna prova definitiva del fatto che faccia qualcosa nell'uomo. Nonostante ciò, l'anno corso negli Stati Uniti le vendite di supplementi con questa sostanza hanno raggiunto i 30 milioni di dollari, stando alla spiegazione di Samuel Klein, direttore del Washington University's Center for Human Nutrition e coordinatore dello studio.
I ricercatori si sono domandati pertanto a cosa si devono gli effetti benefici legati al consumo moderato di vino rossose il resveratrolo sembra risultare niente più che un placebo? Le risposte sembrerebbero due: la prima ipotesi è che il reseveratrolo, per agire, abbia bisogno di qualche altra sostanza presente nel vino, che lo rende attivo. La seconda è che l'agente efficace potrebbe non essere il resveratrolo ma qualche altra molecola presente nel vino - che ne contiene a centinaia - ma ancora ignota.